L’evidenza insegna come l’andamento di un match possa subire un radicale e improvviso cambiamento di rotta a seguito della realizzazione di un goal, a prescindere dalla squadra che segna. L’andamento del match puo’ non soltanto comprensibilmente alterarsi ma, addirittura, cambiare completamente polarita’ se la rete viene segnata in momenti strategici (ad esempio quando interrompe un pressing sterile ma continuo degli avversari, rovesciando lo stato psicologico di chi sta subendo da one-down a one-up). Circostanza, questa, tipica dei calci di rigore a conferma che, frequentemente, sono gli episodi a governare il campo a dispetto di prestazioni faticose ed eccellenti ma prive di risultato. Ma allora qual’e’ l’atteggiamento piu’ efficace di controrisposta sul campo da parte di chi subisce la rete per limitare la ripercussione psicologica?

Il goal subito, in quanto stressor potente e subitaneo, ripropone una tipica situazione di body allarm reaction, cui la mente umana puo’ rispondere secondo la duplice modalita’ attacco/fuga (analogamente al comportamento degli animali di fronte al pericolo), scelta che risulta determinante nell’assunzione rapida di decisioni e condotte il piu’ possibile conservative.

Ripiegare su un atteggiamento puramente difensivo (fuga), risposta istintiva e assai frequente, rischia di ufficializzare una fase one down che puo’ diventare rischiosa, soprattutto se ci troviamo nella seconda frazione di gioco. Ogni indugio del comparto di attacco ma, ancor di piu’, del centrocampo (ombelico dell’organismo squadra) diviene pericolosa espressione di paura, remissivita’, cedimento psicologico, decapitazione del potenziale. Viceversa, la risposta di attacco, che comporta anche l’adesione ad un profilo di assunzione del rischio, evita il raffreddamento emotivo mantenendo elevata la risposta adrenalinica al trauma e predisponendo ad un’azione muscolare piu’ efficace. E’ necessario che, subito dopo aver incassato la rete, i giocatori non perdano lucidita’ e mantengano una percezione corretta e il piu’ possibile realistica del campo e dei movimenti degli avversari. Linee, colori, rumori, dimensioni, profondita’ sono categorie altamente soggette a distorsione delle percezioni da stress, fattore alla base dei numerosi errori prestazionali in questa fase.

In questo frangente lo stato emotivo puo’ essere influenzato anche dallo stile di pensiero del singolo e dallo schema abituale di risposta individuale al pericolo, alla paura e, in sostanza, alle emozioni negative (frustrazione, tristezza, rabbia). Alcuni soggetti accusano uno stato di totale caduta della performance in situazioni stressanti mentre altri nelle stesse condizioni, dotati di maggiori strumenti di elaborazione, presentano una risposta adeguata, se non addirittura piu’ efficace. Individui predisposti a tollerare lo stress emotivo e abituati a reagirvi con coraggio (risposta opposta alla paura) anche in situazioni estranee al campo di calcio tendono ad attivare piu’ velocemente strategie di coping e ad assumere comportamenti di tipo one-up di fronte alle frustrazioni. Ne consegue che tali competenze devono essere riconosciute come componenti fondamentali del fattore umano e, pertanto, individuate e rafforzate nel lavoro quotidiano dell’allenatore con il gruppo squadra.

 

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