La funzione di coaching

La funzione di coaching appartiene all’area relazionale dell’individuo ed è diretta a scopi facilitativi, orientativi, formativi, di allenamento al compito e di soluzione di problemi complessi, in cui un soggetto può trovarsi coinvolto. In questo ambito la famiglia rappresenta l’ambiente primario della relazionalità interpersonale, e un buon tessuto familiare fornisce un capitale iniziale di valore significativo, da cui partire e da investire poi nel corso della vita. In seguito arriva il gruppo dei pari che finisce per rappresentare il polo prioritario di socializzazione dell’individuo in età evolutiva. Nello sport il coaching è un’attività complessa all’interno della quale una figura più esperta (il coach) ha il compito di trasmettere determinate competenze/conoscenze ad un insieme di soggetti (coachee) attraverso uno specifico allenamento al ruolo, con l’obiettivo di perseguire una logica prestazionale di risultato.

La figura del coach si colloca all’intersezione di una serie di specificità e funzioni:

  • L’esperto, che incoraggia e sostiene anche nei momenti critici;
  • Lo specchio, che incrementa l’autoconsapevolezza dell’allievo;
  • Il facilitatore, che crea occasioni di apprendimento.

D’altra parte egli si impegnerà per evitare che ciascuno di questi aspetti del proprio ruolo prenda il sopravvento sugli altri: non sarà pertanto orientato a duplicarsi generando un clone di se stesso, nè pretenderà di essere un terapeuta, così come eviterà di alimentare il narcisismo dell’allievo oppure di diventare un semplice sponsor per la sua carriera. Se il coach conosce l’arte di creare un rapporto (amalgama di vari elementi) e se c’è un obiettivo chiaro da raggiungere, i soggetti coinvolti troveranno facilmente i loro punti di contatto: infatti sono più le somiglianze che uniscono fra loro le persone che le differenze che le dividono. Anche nel coaching (come negli altri ambiti relazionali) vale la regola della semplicità e della buona comunicazione.

Le modalità applicative di un coaching efficace si basano su alcuni presupposti fondamentali:

  1. Il costante rispetto del rapporto gerarchico (sempre complementare) fra coach e coachee;
  2. Una logica continuativa tra coach e coachee che presuppone una conoscenza dell’allievo in senso storico-evolutivo, compresi gli aspetti caratteriali;
  3. Il ricorso al continuo affiancamento, ricusando l’attività formativa tradizionale di tipo verticale

Qualità psicologiche del buon allenatore

Atteso che la funzione di allenatore implica il delicato equilibrio fra diverse componenti tutte egualmente importanti, lo stile di coaching dipenderà proprio dalla capacità individuale di creare e mantenere tale amalgama adattandola in maniera flessibile ai cambiamenti situazionali e ai problemi emrgenti. Ecco quali caratteristiche (e i conseguenti comportamenti) caratterizzano un buon allenatore:

  • Locus of control interno = l’allenatore si fa carico della relazione;
  • Atteggiamento positivo, assertività = esprime chiaramente i bisogni e aiuta a identificare gli obiettivi;
  • Competenze comunicative, apertura al feedback = flessibilità nei ruoli comunicativi, saper porre domande;
  • Senso delle proporzioni, senso dell’umorismo = ironia, realismo;
  • Autoconsapevolezza, consapevolezza del comportamento, comprensione degli altri = capacità di penetrare negli schemi comportamentali altrui, prevedere le conseguenze e le mosse, specifici comportamenti;
  • Capacità di problem solving, competenze strategiche = saper risolvere i problemi o saper evitare strategicamente gli svantaggi;
  • Capacità di costruire e mantenere un rapporto / relazione

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