In ogni campionato di calcio – ma in verita’ non solo, anche in altre discipline sportive – non manca di imbattersi in soggetti dal carattere particolare, per cosi’ dire “difficile”, dotati di indubbie qualita’ tecniche ma con una personalita’ che presenta alcuni difetti significativi. Questi calciatori solitamente si distinguono per una serie di comportamenti, dentro e fuori dal campo, che non soltanto comportano evidenti svantaggi a loro stessi ma possono danneggiare anche l’intero gruppo-squadra in cui militano.

L’opinione pubblica e quella sportiva si divide frequentemente nel giudizio in correnti di pensiero tolleranti o, al contrario, aspramente critiche nei confronti di questi personaggi, i primi giustificandoli per l’intemperanza giovanile, i secondi condannandoli soprattutto in quanto modelli mediatici a rischio emulazione sociale.

A prescindere dalla dimensione morale della questione, sul piano della conoscenza appare stimolante, e ovviamente fruttuoso, provare ad analizzare il fenomeno da un occhio piu’ scientifico e meno ingenuo, nel tentativo, ad esempio, di individuare un profilo psicologico comune a vari personaggi divenuti famosi per il loro carattere indomito (il piu’ contemporaneo dei quali Balotelli), e conseguentemente offrire una chiave di interpretazione e di possibile gestione di questo aspetto.

Alcuni tratti appaiono essere denominatore comune di “caratterialita’ ” nei giocatori di calcio:

  • Insofferenza spiccata alle regole, in campo come nella vita in societa’ (perche’ esiste gia’ a monte un cattivo rapporto con le regole e con le figure normative di riferimento)
  • Scarsa tolleranza della frustrazione
  • Mancanza di assertivita’ (passivita’/aggressivita’)
  • Intelligenza pratica, scarsa intelligenza emotiva
  • Possibile discontrollo degli impulsi
  • Tratti narcisistici (scarsa autostima, ricerca di attenzioni sostitutive, superficialità  nelle relazioni interpersonali)
  • Tendenza a violare la legge per provocazione dell’autorità (in campo con l’arbitro, al di fuori con chi la rappresenta)
  • Rinforzo mediatico del comportamento

Le cause, come al solito, sono molteplici (genetiche, ambientali), differenti da caso a caso e, comunque, da ricercarsi nella strutturazione della personalita’ del giocatore negli anni cruciali, fino all’eta’ scolare e della preadolescenza, nei luoghi principali della formazione dell’Io (figure genitoriali, ambiente sociale e scolastico, gruppo dei pari, ambiente sportivo giovanile). Se il soggetto inizia a far parte di una realta’ sportiva giovanile, crescendo e formandosi come giocatore fin dalla prima eta’ scolare, particolare attenzione dovrebbe essere dedicata all’educazione psicologica e alla trasmissione di quelle competenze personali che prescindono dal fattore tecnico ma che ne costituiscono parte integrante.

In particolare, l’evidenza suggerisce come, allo stato delle cose, il piano psicologico venga interpellato soprattutto per cio’ che attiene la difficolta’ dell’atleta di gestire le emozioni e gli stati d’animo negativi, segnale di un’incapacita’ o di una mancanza di conoscenza a monte di concetti quali l’Intelligenza Emotiva e l’Assertivita’. Tali aspetti, di ambito strettamente psicologico, dovrebbe essere appannaggio di uno specialista, il quale dovrebbe essere pensato come figura strategica di supporto e affiancamento dell’allenatore fin dall’inizio della costituzione del gruppo squadra e non gia’ in itinere, quale elemento esterno e semplice risolutore di problemi.

 

Torna a Psicologia del Calcio >