Psicologia della “coppia” (o, senza etichette, di “chi sta insieme”)

“Il mio diletto è bianco e vermiglio, riconoscibile fra mille e mille. Il suo capo è oro, oro puro, i suoi riccioli grappoli di palma, neri come il corvo. I suoi occhi, come colombe su ruscelli di acqua; i suoi denti bagnati nel latte, posti in un castone. Le sue guance, come aiuole di balsamo, aiuole di erbe profumate; le sue labbra sono gigli, che stillano fluida mirra. Le sue mani sono anelli d’oro, incastonati di gemme di Tarsis. Il suo petto è tutto d’avorio, tempestato di zaffiri. Le sue gambe, colonne di alabastro, posate su basi d’oro puro. Il suo aspetto è quello del Libano, magnifico come i cedri. Dolcezza è il suo palato; egli è tutto delizie! Questo è il mio diletto, questo è il mio amico. Se trovate il diletto del mio cuore, ditegli che sono Malata… Malata d’Amore.”

Da “Il Cantico dei cantici” (IV e V parte) di Salomone (La Bibbia)

Oh se potessimo mantenere la leggerezza d’animo e quella stessa felicità di intenzione che sentiamo normalmente anche quando la nostra vita si lega a quella di un’altra persona (proprio come se il nostro “diletto” fosse un amico)! Sì, perchè una delle motivazioni alla base delle difficoltà/conflitti della cosiddetta “coppia” è proprio il fatto che, senza rendersene conto, le persone cambiano quando iniziano a pensare “di stare insieme”. Cambiano se stesse, il proprio modo di essere ma soprattutto il proprio modo di pensare. Questa percezione, apparentemente irrilevante, ha invece effetti e conseguenze di notevole portata nella gestione della relazione e nella nascita di conflitti,fino ad incidere sulla buona riuscita o meno di un’unione.

Osservando molte coppie che naufragano nelle aule di tribunale e le loro modalità di comunicare, con o senza figli, sono ben evidenziabili alcuni meccanismi comuni un pò a tutte le persone che decidono di unire (e poi dividere) le proprie strade.

Non è solo questione di un cambiamento di abitudini sul piano pratico (assolutamente normale e prevedibile) ma la variazione di status (da single a coupled) corrisponde ad un cambiamento di “ruolo” che spesso comporta nella persona una serie di meccanismi psicologici diversi da quelli normalmente presenti in condizioni individuali. Lo stato di single infatti, lasciando l’individuo al di fuori della dialettica, non lo pone nel dilemma del ruolo tipico del gioco delle parti (vincente o perdente?).

Accoppiarsi, evento tanto desiderabile quanto non cercato, col tempo pone agli innamorati un quesito che la natura, nella sua iniziale spinta alla conservazione della specie, sa mascherare bene al di sotto dell’ardore e della passione erotica tipica dell’innamoramento. In poco tempo ciò si traduce spesso in una perdita delle consuete certezze, nello scoprirsi più vulnerabili, nell’essere assaliti improvvisamente dal sospetto, divenire gelosi, sentirsi sotto esame, e così via, meccanismi prima assenti o, meglio ancora, latenti.

Questo “salto” psicologico è ineluttabilmente evidente nel meccanismo che si viene a creare dal momento in cui due persone decidono di “ufficializzare” un sentimento fino a prima privatamente custodito. Ecco che, come d’improvviso, qualcosa misteriosamente cambia, come se la persona di cui si è invaghiti, perdendo i contorni di libertà e magia con cui si è conosciuta, divenisse qualcuno con cui dover stabilire e negoziare obblighi e regole.

Ciò spiega la paura dilagante che caratterizza oggi le relazioni di coppia ma anche i nuovi approcci dove ci si avvicina con sempre maggiore rigidità all’altro, mettendo le mani avanti…

Continua …